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Una realtà in crescita

Il Digital Italy summit 2017 e la presentazione del rapporto annuale

È lo specchio d’Italia il rapporto annuale “Digital Italy” del 2017, testo curato da Enrico Arquati e Camilla Bellini ed edito dal gruppo Maggioli, che offre una panoramica esauriente e ragionata del complesso universo telematico. Un libro che racconta una realtà digitale in crescita, che evolve e si trasforma, con un aumento del mercato italiano dell’Information & Communication Technology nel 2017 del 2,4%, per un valore pari a 55,1 miliardi di euro. Indicazioni positive, certo, quelle che arrivano dalle aziende italiane anche verso “l’adozione di tecnologie più di ‘frontiera’ nel processo generale di trasformazione digitale, evidenziando una maggiore consapevolezza rispetto al passato sui temi del digitale”. Ma che per ora non regge il confronto con le altre realtà continentali. Principalmente per una ragione: non è ancora un paese per startup, per imprese hi-tech. Mentre in Europa i vicini viaggiano più veloci per quanto concerne l’aumento degli investimenti: Londra e Parigi sembrano irraggiungibili e nello stesso tempo avanzano Spagna e Portogallo.

È qui dunque il cuore del cambiamento della società. A tutti i livelli. Dai servizi della pubblica amministrazione, con l’accesso tramite il “pin unico”, fino agli altri momenti della vita quotidiana. Dove la sua applicazione si sta dimostrando sempre più importante.
“Un processo politico nel senso alto del termine”, ha sentenziato il ministro dello Sviluppo economico, Carlo Calenda, alla presentazione del Digital Italy summit 2017, la kermesse di tre giorni organizzata a Roma dalla società di advisory The Innovation Group in collaborazione con Agenzia per l’Italia digitale, Confindustria digitale, Assinform, fondazione Astrid e gruppo Maggioli, per fare il punto sulla situazione e presentare il rapporto. “Ma – ha avvertito Calenda – qui si tratta di affrontare ciò che davvero spaventa e per farlo c’è un solo modo: incentivare gli investimenti per favorire la crescita umana e culturale. È un argomento su cui dobbiamo concentrarci tutti, con buona pace di bollo auto, irpef e pensioni su cui non si gioca il nostro futuro”.

Così, mentre il governo pensa anzitutto a fornire un supporto normativo all’identità digitale, allo scopo di gestire il cambiamento, c’è chi paventa il rischio che tanti, forse troppi provvedimenti restino soltanto sulla carta. Ché la digitalizzazione, così come la globalizzazione, cambia tutti i paradigmi portando a un nuovo sviluppo dell’economia di un paese.
Sulla materia tecnici e politici si sono confrontati a lungo al Digital Italy, parlando tra l’altro di welfare all’istruzione, industria 4.0, costruzione di nuovi ecosistemi digitali, piani strategici, Digital manufacturing e banda ultra larga.
“Abbiamo focalizzato l’attenzione sull’analisi dei sistemi innovativi territoriali – ha affermato Roberto Masiero, presidente di The Innovation Group – e su tre pilastri della rivoluzione digitale: le politiche industriali, l’agenda e il piano strategico. Convinti come siamo che il digitale abilita un nuovo modello di Italia, più competitivo e più vicino ai cittadini e ai loro bisogni”. Tuttavia, avverte Masiero, “occorre sviluppare il prima possibile un progetto di ‘Italia Digitale’, un piano condiviso tra tutti gli attori economici e sociali, fondato sulla forza delle nostre imprese e dei nostri territori, che promuova un’azione rapida verso un obiettivo comune: diffondere le migliori pratiche di innovazione digitale per sviluppare un ‘modello italiano per la crescita’. Esso non deve necessariamente tendere a riproporre ricette e rimedi ripresi da altri paesi, ma deve saper capitalizzare le esperienze, le tradizioni e ciò che di buono c’è all’interno dei confini italiani per capire alla fine quale strada intraprendere”. Promuovere dunque, ha concluso il numero uno di TIG, “un modello di politica per l’innovazione digitale che sia orizzontale rispetto alle esigenze di tutti, che riesca a tenere conto della complessità e del potenziale di scelte che il cambiamento offre alle istituzioni, alle imprese e ai cittadini”.

Trasformazioni in atto. Nelle piccole e soprattutto nelle grandi realtà urbane. “La funzionalità dei servizi amministrativi e l’accessibilità digitale da parte degli utenti sono sempre più un binomio inscindibile”, ha sostenuto il sindaco di Roma, Virginia Raggi, “anche se – ha aggiunto – parlare soltanto di partecipazione digitale è prematuro. Il Comune intanto ha avviato la campagna ‘Roma ascolta Roma’ per redigere un piano sociale cittadino anche dal punto di vista digitale e sta lavorando per diventare un laboratorio avanzato grazie anche alla definizione di documenti operativi come l’agenda digitale di Roma capitale e la casa digitale del cittadino, dove poter reperire atti in tempo reale, e all’istituzione dei punti ‘Roma facile’. Per ora, sono 25 questi spazi realizzati per sensibilizzare alla cultura digitale e all’uso delle tecnologie. Inoltre, dal prossimo anno sperimenteremo la rete 5G”.
Dal Campidoglio intanto si leva anche un’altra voce, quella dell’assessore alla Roma Semplice, Flavia Marzano, che invoca il rinnovo della macchina amministrativa. “Vogliamo avere un ruolo di primo piano nei programmi nazionali, promuovendo scambi di esperienze e partnership internazionali”, ha detto.
“È chiaro che l’Italia si è messa in moto – ha asserito Franco Bassanini, presidente della fondazione Astrid – e ora è più diffusa la consapevolezza che il sistema educativo ha bisogno di una trasformazione e quindi occorre puntare sulla capacità di formare nuove competenze”.

Il rapporto del 2017 si divide in due parti. Nella prima, intitolata “Il digitale e la forza del nostro paese, delle sue imprese e dei suoi territori”, si passano ai raggi x le imprese e i distretti industriali, “Dal Made in Italy all’Italian Way for Life”, “Smart manufacturing e Industria 4.0”, “E-commerce” e “Open innovation”. Fino al “percorso verso una PA digitale”. Nella seconda ci sono i contributi dei membri dell’advisory board e delle aziende partner. In sostanza, un’istantanea dei progressi tecnologici e progettuali realizzati nell’era della digitalizzazione. Per “un made in Italy sempre più globale – hanno spiegato i promotori dell’iniziativa di The Innovation Group – partendo dal principio che l’internazionalizzazione e la digitalizzazione concorrono alla crescita e allo sviluppo delle nostre imprese, permettendo di ‘allargare’ i mercati di sbocco e di ampliare la base clienti per prodotti di nicchia e specializzati. Il digitale, oltre a contribuire al processo di apertura dei mercati (si pensi al ruolo in questo senso dell’e-commerce), velocizza i processi di innovazione e aiuta a consolidare e a estendere la rete di relazioni (il ‘distretto’ originale) dell’impresa”.
Quindi, “facendo leva in modo significativo sulle nuove tecnologie, le aziende italiane possono guadagnare vantaggio competitivo. Per il 2017, TIG ha stimato che il mercato italiano dell’Information & Communication Technology sia pari a 55,1 miliardi di euro, con un tasso di crescita del 2,4% rispetto all’anno precedente. In particolare, crescono sia il mercato IT (+3,8%) sia il mercato delle TLC (+1,6%): da un lato, infatti, il mercato dell’Information Technology – con un valore stimato nel 2017 di 20,9 miliardi di euro – è trainato dalla crescita delle componenti più innovative, dal cloud computing (circa 1,8 miliardi, +16,4% rispetto al 2016) alle soluzioni di Business Intelligence e Business Analytics (pari a 779 milioni, +9,6%); dall’altro, il mercato TLC – pari a 34,2 miliardi – cresce in particolare sulla spinta degli investimenti nelle reti NGA (Next Generation Access), che compensano ampiamente il calo nella spesa per servizi voce e dati (fissi e mobili)”.

Così, “una recente rilevazione di The Innovation Group evidenzia che le aziende stanno rivolgendo la propria attenzione anche verso tecnologie più di ‘frontiera’ rispetto al processo complessivo di trasformazione digitale, denotando una maggiore consapevolezza rispetto al passato sui temi del digitale. In particolare, stanno sviluppando progetti – per il 2017 – in ambito big data, customer experience multicanale e IoT. Trend tecnologici come lo smart manufacturing, ovvero la diffusione di tecnologie digitali nel settore manifatturiero, all’interno delle fabbriche e lungo tutta la filiera produttiva, l’e-commerce, con un modello di go-to-market (diretto o mediato) delle imprese sempre più necessario in un contesto globalizzato, e l’open innovation, ossia l’apertura del processo di innovazione delle aziende verso realtà esterne come start up, centri ricerche e università, sono sempre più strategici nel potenziamento della capacità competitiva delle imprese italiane. Lo smart manufacturing è la strada per il rilancio dell’industria manifatturiera, benché tale apporto sia negli ultimi anni diminuito a causa della recente crisi e della crescita della competizione globale. In Italia, tra il 2007 e il 2013 il peso dell’industria manifatturiera nella creazione di valore aggiunto è passato dal 17,7% al 15,5% del totale, valori adesso in crescita, ma ancora al di sotto di quelli del 2007”.
Inoltre, “più recentemente si è cominciato a parlare di open innovation anche in Italia, benché a oggi paiono essere ancora poche le realtà in grado di abbracciare appieno questo paradigma. D’altra parte, rimangono ancora alcune perplessità rispetto alla reale diffusione di questo modello: i meccanismi e i finanziamenti a supporto delle start up in Italia sono ancora deboli e rischiano di frenare la creazione di un terreno fertile alla nascita di partner ideali per l’open innovation nelle aziende tradizionali italiane; risulta spesso difficile distinguere tra l’effettiva adozione di un modello di open innovation, volto a integrare concretamente le attività di R&S interne alle aziende, e la strumentalizzazione a fini di marketing di annunci e iniziative in questo ambito, senza che poi l’effettivo processo di innovazione in azienda venga modificato; e, infine, sono le imprese di servizi che si stanno orientando verso questo modello, seguite dalle aziende del manifatturiero e dell’Italian Way of Life, un nuovo modello di distretto allargato su scala globale che integra le logiche territoriali con il potenziale di una rete estesa anche a nuovi player digitali. A fronte di queste considerazioni, quello dell’open innovation è sicuramente un tema che vale la pena monitorare, per comprendere anche il ruolo che questo modello può avere, a esempio, in relazione a iniziative come l’Industria 4.0 o nello sviluppo più in generale di una strategia per la crescita e l’innovazione del paese”.

Secondo il presidente di Confindustria digitale, Elio Catania, “i mancati investimenti in innovazione digitale, che abbiamo stimato in circa 25 miliardi di euro l’anno rispetto alla media europea, hanno penalizzato fortemente le nostre capacità competitive, anche se negli ultimi 18 mesi alcuni ingranaggi di questo meccanismo inceppato si sono rimessi in funzione”.
Tuttavia non vanno trascurati fattori come la legalità. “Sarebbero rivoluzionarie le piattaforme digitali nel sistema degli appalti che consentirebbero la tracciabilità assoluta di tutte le attività svolte”, ha detto il presidente dell’Autorità nazionale anticorruzione, Raffaele Cantone.

Per Antonio Samaritani, direttore generale dell’Agenzia per l’Italia digitale, “le due parole chiave sono governance e coesione. Grazie al Piano triennale abbiamo fatto un primo passo significativo definendo il modello nazionale di gestione e utilizzo delle tecnologie digitali. Inoltre, l’Agenzia si sta riorganizzando per diventare punto di snodo per il coordinamento delle attività di accompagnamento previste per le amministrazioni”.
Con la consapevolezza che, a tutti coloro che sono abituati a misurare crescita e solidità prendendo in esame il Pil come indicatore primario del vigore di una nazione, conviene sempre integrare nelle loro equazioni il fattore culturale.
“La digitalizzazione non è un fine – ha sostenuto Francesca Jacobone, presidente di Zètema Progetto Cultura – ma un mezzo per valorizzare il patrimonio artistico e culturale ai tempi della globalizzazione e delle nuove tendenze generazionali. Per questo, sarà importante promuovere un sistema di educazione digitale affinché i nostri territori possano avere il ruolo e l’importanza che l’Europa ci chiede”.

Fabio Ranucci, Responsabile Ufficio Stampa AIDR

Fonte: Pubblicato nell’inserto “via Po economia” del quotidiano “Conquiste del Lavoro”

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