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Capitolo 2: L’Inesistenza (una storia di fantaburocrazia)

di Antonio Naddeo

(Capitolo 1 qui)

Mentre Marco camminava verso l’ufficio anagrafe, il cielo grigio sembrava chiudersi intorno a lui, riflettendo il tumulto dei suoi pensieri. “Non esisto,” ripeteva nella sua mente, una frase tanto assurda quanto spaventosa. Questa impossibilità burocratica lo aveva catapultato in una realtà parallela dove la sua vita, con tutte le sue certezze, era improvvisamente messa in discussione.

Marco si incammina verso l’Ufficio Anagrafe

L’ufficio anagrafe si trovava in un vecchio palazzo dallo stile architettonico imponente, con colonne di marmo che si ergono a custodia di secoli di storia e di decisioni burocratiche. L’interno, tuttavia, non rifletteva la grandiosità esterna; corridoi labirintici, illuminati da una luce fioca, conducevano a una serie di stanze piene zeppa di armadi archivio e scrivanie disordinate. Il contrasto tra la nobiltà della struttura e il caos interno sembrava una metafora della situazione di Marco: un’esistenza solida e reale messa in dubbio da un sistema caotico e incomprensibile.

Dopo aver vagato per quello che sembravano ore nei corridoi, Marco trovò finalmente l’ufficio giusto. Dietro allo sportello, una donna anziana con occhiali pendenti al collo lo accoglieva con uno sguardo che oscillava tra la curiosità e la noia. «Posso aiutarla?» chiese, con un tono che lasciava intendere di aver già visto di tutto.

Marco le spiegò la sua situazione, cercando di mantenere la calma nonostante l’assurdità della sua richiesta. «Mi hanno detto che non esisto… che non ci sono nei vostri archivi.»

La donna lo squadrò per un lungo momento, poi, con un sospiro, si alzò e iniziò a cercare tra vecchi registri e database polverosi. Marco osservava, impotente, mentre la donna svolgeva il suo rituale burocratico, sperando contro ogni speranza che potesse trovare qualcosa che provasse la sua esistenza.

Dopo un’eternità, la donna si fermò, guardandolo con espressione grave. «Mi dispiace, giovane uomo, ma non c’è traccia di lei. È come se non fosse mai nato.»

Le parole colpirono Marco con la forza di un temporale. Non essere riconosciuto dal sistema significava non avere diritti, non avere un passato, non avere un futuro. Era un fantasma nelle maglie della burocrazia, invisibile e senza voce.

«Cosa posso fare?» chiese Marco, la disperazione evidente nella sua voce.

«L’unica cosa che posso suggerirle è di cercare qualcuno che possa ricordarsi di lei, qualcuno che possa testimoniare la sua esistenza prima di… questo incidente. Forse così potremo ricostruire il suo dossier.»

Marco uscì dall’ufficio anagrafe con una nuova missione, ma anche con un peso maggiore sul cuore. Doveva trovare qualcuno che credesse in lui, che potesse testimoniare la sua esistenza in un mondo che sembrava averlo cancellato senza esitazione.

E così, con passi pesanti ma determinati, Marco iniziò la sua ricerca attraverso la città, una ricerca non solo per la sua identità, ma anche per il significato stesso della sua esistenza.

Capitolo 3: La Ricerca

Marco camminava per le strade della città, ogni passo un battito nel ritmo della sua disperazione crescente. Il mondo intorno a lui sembrava andare avanti indifferente, mentre lui era intrappolato in un incubo burocratico che minacciava di cancellarlo completamente. La città, una volta familiare e accogliente, ora si trasformava in un labirinto di facce anonime e porte chiuse.

La sua prima tappa fu la sua abitazione. Entrando, sperava di trovare qualche prova concreta della sua esistenza, qualcosa che avesse trascurato e che potesse servire a convincere i burocrati dell’ufficio anagrafe. Foto, lettere, vecchi conti della luce o estratti conto bancari – ogni pezzo di carta sembrava ora prezioso, un potenziale salvagente in un mare di incertezze.

Ma mentre setacciava i cassetti e gli armadi, una realizzazione ancora più angosciante prese forma. Nonostante trovasse documenti con il suo nome, una voce interiore gli sussurrava che quei pezzi di carta non avrebbero avuto alcun peso contro la parola definitiva del sistema burocratico. Era come cercare di combattere un gigante con una fionda.

Spinto dalla disperazione, decise di rivolgersi ai suoi cari. Visitò prima i genitori, poi gli amici più cari, raccontando loro della sua bizzarra situazione. Tutti lo riconoscevano, naturalmente, e rimanevano sconcertati dalla sua storia. Ma quando si trattava di affrontare l’ufficio anagrafe, le loro testimonianze sembravano perdere ogni forza. “È solo un malinteso,” dicevano, incapaci di comprendere la gravità della sua situazione.

In uno slancio di speranza, Marco contattò anche il suo datore di lavoro, cercando di ottenere una dichiarazione ufficiale della sua impiegazione, qualcosa che potesse attestare la sua esistenza nel mondo reale. Ma anche qui si scontrò con la fredda realtà della burocrazia: senza un codice fiscale valido, era come se non avesse mai lavorato per loro.

La ricerca di Marco divenne ben presto un vagare per la città, da un ufficio all’altro, da una porta chiusa a un’altra. Ogni tentativo di provare la sua esistenza si scontrava con la rigidità del sistema, un muro impenetrabile di regole e regolamenti che non ammetteva eccezioni.

Fu durante queste peregrinazioni che incontrò Lucia, una giovane donna che, incredibilmente, si trovava nella stessa disperata situazione. Lucia stava lottando per dimostrare la sua esistenza dopo essere stata cancellata dai registri a seguito di un errore informatico. La loro scoperta reciproca fu un raggio di luce in un mare di oscurità; per la prima volta da quando questa follia era iniziata, Marco non si sentì più solo.

Unendo le forze, decisero di affrontare insieme la burocrazia, sperando che la loro solidarietà potesse rompere il ciclo di indifferenza e negligenza che li aveva intrappolati. La loro lotta li portò attraverso una serie di situazioni assurde, da incontri con funzionari burocratici che sembravano parodie di se stessi a sistemi di archiviazione così obsoleti da sembrare appartenere a un altro secolo.

Eppure, con ogni porta che si chiudeva, il loro legame si rafforzava, forgiato nella battaglia comune contro un sistema che sembrava progettato per ignorare l’individuo. Insieme, scoprirono che, nonostante l’oppressione e l’assurdità della loro situazione, la resilienza e la speranza potevano emergere anche nei luoghi più bui.

(continua)

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