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Coronavirus: le istituzioni attivino subito misure tecnologiche di prevenzione nei luoghi di lavoro

La propagazione del contagio da coronavirus, al centro delle cronache mondiali degli ultimi giorni, sta proiettando l’attenzione collettiva (di esperti, Istituzioni, cittadini) sulle modalità con cui prevenire il pericolo della progressiva diffusione dell’epidemia, specie in ragione del suo elevatissimo grado di trasmissibilità.

Va da sé che i principali rischi da contagio degli asintomatici si concentrano nelle aree pubbliche, aperte al pubblico o destinate a eventi a larga partecipazione, mezzi di trasporto e, ovviamente, luoghi di lavoro.

Aziende e pubbliche amministrazioni devono attrezzarsi per attenuare i disagi creati dalla paura del virus e dalle inviolabili misure di prevenzione, cercando di utilizzare gli strumenti offerti dalla legislazione del lavoro.

Il datore di lavoro è tenuto (d.lgs. n. 151/2015) a valutare i rischi esterni al rapporto di lavoro, adottando misure idonee a tenere indenne il lavoratore, con particolare riferimento a: sistemazione logistica, idonee misure di sicurezza, presenza di una assicurazione per ogni viaggio di andata nel luogo di destinazione e di rientro dal luogo stesso, per i casi di morte o di invalidità permanente. Approccio ribadito dalle strutture del Ministero del Lavoro laddove si evidenzia la necessità di valutare anche “i potenziali e peculiari rischi ambientali legati alle caratteristiche del Paese in cui la prestazione lavorativa dovrà esser svolta quali, ad esempio i rischi generici aggravati legati alla situazione geopolitica del paese (guerre civili, attentati …) ed alle condizioni sanitarie del contesto geografico di riferimento non considerati astrattamente, ma che abbiano la ragionevole e concreta possibilità di manifestarsi in correlazione all’attività lavorativa svolta”.

Stimolato anche dal mio amico Paolo Tedeschi, Marketing Communication Senior Manager di Canon Italia e “consumato” utilizzatore di smart working, mi sono posto alcuni quesiti. Innanzitutto, quali dovrebbero essere le misure che enti pubblici e aziende potrebbero assumere per affrontare il complesso periodo dell’epidemia?

È stato già scritto come in Cina si stia andando verso una diffusione maggiore del lavoro agile (smart working), soluzione che è oggetto di dibattito anche in Italia. Volendo affrontare la materia da un punto di vista tecnico, non si possono glissare alcune considerazioni che, invero, aprono diversi interrogativi di fondo, a livello di ordinamento e di fonti del diritto del lavoro.

Le condizioni che in questo articolo stiamo approfondendo richiedono una permanenza del lavoratore all’esterno dai locali aziendali per un periodo più o meno lungo di tempo. Diversamente, la legge n. 81/2017 ha definito il lavoro agile (smart working) come una modalità di svolgimento della prestazione di lavoro subordinato, da svolgersi in parte all’interno ed in parte all’esterno dei locali aziendali, secondo un principio di alternanza. La soluzione dello smart working appare solo in parte incompatibile con la vicenda del coronavirus, in particolar modo laddove applicata a rapporti che in precedenza non ne conoscevano l’attuazione. Assume, quindi, particolare rilievo la disciplina, ancora in vigore, del telelavoro, quale “forma di organizzazione e/o di svolgimento del lavoro che si avvale delle tecnologie dell’informazione nell’ambito di un contratto o di un rapporto di lavoro, in cui l’attività lavorativa, che potrebbe anche essere svolta nei locali dell’impresa, viene regolarmente svolta al di fuori dei locali della stessa”. Forma che può attivarsi senza necessità di una postazione fissa e definita, normalmente mediante accordo in forma scritta, sebbene non vi sia obbligo in tal senso, come invece avviene per lo smart working. Vige solamente l’obbligo di fornire al telelavoratore talune informazioni per iscritto, in ipotesi anche solo via e-mail.

Entrambe le soluzioni, oltre a manifestarsi pure di più immediato impiego, garantirebbero molteplici benefici per pubbliche amministrazioni, aziende e lavoratori in termini di salute e ottemperanza al proprio lavoro, non avendo così ricadute negative sull’economia del Paese.

di Mauro Nicastri, presidente AIDR – Associazione Italian Digital Revolution

 

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20/02/2025
di Mauro Nicastri* - Accogliamo con grande soddisfazione il nuovo Decreto-legge che introduce un rafforzamento nelle procedure di selezione della Pubblica Amministrazione, con particolare attenzione ai profili esperti in transizione digitale e sicurezza informatica. Questo provvedimento rappresenta un primo, fondamentale passo verso il rinnovamento di un settore che, come Fondazione Aidr (www.aidr.it), sosteniamo da circa dieci anni.Dobbiamo riconoscere al Ministro Paolo Zangrillo di aver mantenuto la parola data. Durante un nostro convegno aveva anticipato l'intenzione di promuovere un intervento legislativo in grado di trasformare il reclutamento nella PA, offrendo ai giovani una reale opportunità di inserirsi in un contesto lavorativo profondamente innovato dall’uso delle tecnologie digitali. Oggi, con questa iniziativa normativa approvata dal Consiglio dei ministri su proposta del Presidente Giorgia Meloni e dal Ministro Paolo Zangrillo, si gettano le basi per un cambio di paradigma nel rapporto tra amministrazioni, cittadini e imprese.
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La Fondazione AIDR (www.aidr.it) sottolinea oggi l'importanza di un giornalismo accessibile e di qualità, in grado di rispondere alle sfide del contesto economico e delle difficoltà quotidiane. Nonostante le complessità che il mondo dell'informazione sta affrontando, ci sono realtà che, grazie alla loro dedizione e al loro impegno, continuano a garantire un'informazione libera e di valore. Tra queste, ci sono anche testate gestite da persone con disabilità che, con coraggio e determinazione, credono nel giornalismo come strumento di inclusione e cambiamento. Uno degli esempi più significativi è il lavoro svolto dalla Dott.ssa Annapaola Di Ienno, direttrice di Vortici Magazine (www.votici.it). Nonostante le difficoltà economiche, la testata ha saputo crescere e distinguersi per la qualità dei contenuti e per la capacità di adattarsi alle esigenze dei lettori, sempre con un focus sull'accessibilità e l'inclusività.
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La Fondazione AIDR (www.aidr.it) esprime le proprie congratulazioni a Claudio Casini, nominato nuovo capo della Rappresentanza della Commissione europea in Italia. Da diversi anni collaboriamo con gli Uffici in Italia del Parlamento europeo, guidati da Carlo Corazza, e della Commissione europea in Italia per promuovere la cultura e l'economia digitale, consapevoli dell'importanza della trasformazione digitale per la crescita economica e sociale del Paese. Siamo certi che sotto la guida del dott. Casini questa collaborazione potrà ulteriormente rafforzarsi, contribuendo a diffondere le competenze digitali e a favorire l'innovazione nel nostro tessuto economico e istituzionale.

 

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