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Didattica a distanza, foto di fine anno e violazione della privacy

di Federica De Stefani, avvocato e responsabile Aidr Regione Lombardia

La pandemia causata dalla diffusione del covid 19 ha rivoluzionato molti settori, compreso quello della scuola.

Da ormai oltre 2 mesi gli studenti italiani stanno sperimentato la c.d. “didattica a distanza” che, a seconda delle scuole e delle diverse realtà, viene effettuata con modalità e strumenti differenti.

In questa situazione, già complessa di per sé, si è inserito anche il tema della privacy, la cui violazione viene declinata in vari modi.

C’è chi invoca il mancato rispetto del GDPR perchè sarebbe stata proposta l’idea di una foto di classe di fine anno con incarico ad un fotografo professionista di immortalare i ragazzi durante un collegamento nella classe virtuale.

L’emergenza sanitaria che stiamo vivendo ha portato ad un aumento esponenziale dell’utilizzo della rete e della tecnologia, con non pochi problemi, è vero, legati al trattamento dei dati. È altrettanto, vero, tuttavia, che questo maggior impiego del digitale porta, in molti casi, a immaginare violazioni che in realtà non esistono.

Si invoca il GDPR come se qualsiasi attività collegata ad internet portasse, in automatico, un trattamento di dati personali.

Significativo il caso della foto di fine anno.

Qui, la violazione della privacy riguarderebbe il fatto che il fotografo potrebbe immortalare, sullo sfondo, anche una porzione della stanza in cui si trova il bambino.

In questo caso si perde completamente di vista il punto della questione.

Il trattamento di dati personali non riguarda il fotografo, ma eventualmente la piattaforma che viene utilizzata per creare la classe virtuale e partecipare alle lezioni, poiché l’iscrizione o l’utilizzo della piattaforma in ogni caso realizza un trattamento di dati che avviene (o dovrebbe avvenire) secondo le modalità che la piattaforma utilizza e che sono state accettate nel momento in cui è stato scaricato il programma per il collegamento.

Il problema della privacy non attiene allo sfondo che si vede alle spalle del bambino, che in ogni caso è visibile da qualsiasi persona si affianchi ad uno degli altri partecipanti alla classe virtuale e guardi lo schermo.

Il problema è a monte.

Se non si vogliono far vedere particolari della propria abitazione basta posizionare il bambino con il dispositivo che utilizza per il collegamento su uno sfondo neutro, come per esempio potrebbe essere un muro della stanza, oppure si può allargare l’inquadratura e fare in modo che venga inquadrato solo il viso del bambino.

Rimane in ogni caso che lo sfondo dell’inquadratura non può essere ricollegato in alcun modo al GDPR che regolamenta, come noto, il trattamento dei dati personali, ossia di quei dati che a norma dell’art. 4 dello stesso sono definiti come “qualsiasi informazione riguardante una persona fisica identificata o identificabile («interessato»); si considera identificabile la persona fisica che può essere identificata, direttamente o indirettamente, con particolare riferimento a un identificativo come il nome, un numero di identificazione, dati relativi all’ubicazione, un identificativo online o a uno o più elementi caratteristici della sua identità fisica, fisiologica, genetica, psichica, economica, culturale o sociale”.

L’inquadratura del bambino che partecipa ad una classe virtuale lo rende identificabile non perché alle spalle c’è un quadro o una porzione di divano, ma per il fatto che sono stati dati alla piattaforma utilizzata al momento del collegamento altri dati, come l’indirizzo Ip o la mail ed è magari stato inserito un nome e un cognome (in alcune piattaforme ogni bambino, nella propria inquadratura può avere il proprio nome e cognome).

Non si tratta quindi di violazione della privacy quando si parla della foto di fine anno, le violazioni di dati sono ben altra cosa. 

 

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