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Esercizio dei diritti democratici e tutela dei dati personali degli elettori

di Michele Gorga, avvocato e componente osservatorio per il coordinamento dei DPO, RTD e Reputation Manager

Siamo in dirittura di arrivo per la consultazione elettorale Regionale, Comunale e referendaria, ma poca è stata la pubblicità elettorale, complice anche l’emergenza Covid. Le iniziative di   comunicazione politica, collegate alle consultazioni elettorali costituiscono un momento particolarmente significativo della partecipazione alla vita democratica così come prevede l’art. 49 della Costituzione. Proprio in vista della consultazione del prossimo 20 e 21 settembre, anche alla luce del nuovo quadro normativo introdotto dal Regolamento UE 2016/679 e dal Codice Privacy 196/2003, pare opportuno richiamare il provvedimento del Garante privacy n. 96 del 18 aprile 2019 destinato a tutti i soggetti che a vario titolo sono coinvolti nelle elezioni.

Il provvedimento, che richiama a una puntuale osservanza dei principi vigenti in materia di protezione dei dati, evidenzia la necessità di garantire agli interessati l’esercizio dei diritti richiamando l’attenzione sui principali casi nei quali partiti, organismi politici, comitati di promotori e sostenitori nonché singoli candidati, possono utilizzare i dati personali degli interessati per iniziative di propaganda nel rispetto dei diritti e delle libertà fondamentali degli interessati  ai sensi dell’art. 1, par. 2 del regolamento sulla base dei presupposti di liceità del trattamento dei dati nell’ambito dell’attività elettorale.

In linea generale, il provvedimento del Garante prevede che il trattamento dei dati può essere effettuato, a garanzia dei diritti e delle libertà degli interessati, sulla base di alcuni presupposti di liceità, fra i quali la preliminare acquisizione del consenso, che deve essere libero, specifico, informato e inequivocabile (artt. 6, par. 1, lett. a) e 7, Regolamento), nonché esplicito ove il trattamento riguardi categorie particolari di dati (art. 9, par. 2, lett. a), Regolamento). Il consenso, pertanto, deve essere richiesto con formulazione specifica e distinta rispetto alle ulteriori finalità del trattamento e inoltre deve essere documentabile (ad es. per iscritto o su supporto digitale) e il titolare, poi, deve essere in grado di dimostrare che l’interessato ha prestato il proprio consenso al trattamento dei suoi dati (v. artt. 5, par. 2 e 7, par. 1, Regolamento).

Per quanto attiene alle persone fisiche iscritte ad organismi associativi a carattere non politico ad esempio associazioni sindacali, professionali, sportive, di categoria, etc., organizzazioni che, quindi, non perseguono esplicitamente scopi di natura politica,  i dati degli associati non possono essere trattati e diffusi per realizzare iniziative di propaganda elettorale e connessa comunicazione politica ma ciò diviene possibile soltanto qualora – le organizzazioni titolari – acquisiscano il consenso dell’interessato, previa informativa che deve essere predisposta in modo tale da lasciare agli aderenti la possibilità di fornire o meno, in piena libertà e consapevolezza, consensi specifici, autonomi e differenziati rispetto alle ordinarie finalità perseguite dall’organizzazione titolare dei dati. Gli enti, le associazioni e gli organismi non sono, però, tenuti a richiedere il consenso degli interessati quando tra gli scopi statutari dell’organizzazione figuri anche il diretto perseguimento di finalità di propaganda elettorale e connessa comunicazione politica.

Passando alla ristretta categoria dei CIG Z1C2E1C075 simpatizzanti e sovvenzionatori di organizzazione politiche i dati personali raccolti dai partiti, dai movimenti e dalle altre formazioni a carattere politico, nonché da singoli candidati, in occasione di specifiche iniziative (petizioni, proposte di legge, richieste di referendum, raccolte di firme o di fondi, etc.), di questi citati soggetti, possono essere utilizzati solo con il loro consenso esplicito. Il consenso al trattamento, invece, non è richiesto (art. 9, par. 2, lett. d), Regolamento) qualora il sostegno fornito a una determinata iniziativa in occasione del conferimento dei dati comporti una particolare forma di “adesione” al soggetto politico e al suo programma, tale per cui, in base allo statuto, all´atto costitutivo o ad altro preesistente complesso di regole, l’interessato potrà lecitamente essere successivamente contattato in vista di ulteriori iniziative compatibili con gli scopi originari della raccolta (ad es. di comunicazione politica o propaganda elettorale, art. 5, par. 1, lett. b) Regolamento), tuttavia queste  circostanze dovranno essere adeguatamente evidenziate nell’informativa da rendere.

Una casistica dei principali casi, anche se  non esaustiva, dei principali casi in cui il trattamento dei dati personali per finalità di propaganda elettorale e connessa comunicazione politica è consentito sulla base dei presupposti di liceità individuati sulla base di fonti pubbliche diviene così possibile. Così i   dati personali estratti da fonti “pubbliche” – vale a dire le informazioni contenute in registri o elenchi detenuti da un soggetto pubblico (es. Comune) e al tempo stesso accessibili in base ad un´espressa disposizione di legge o di regolamento – possono essere utilizzati per finalità di propaganda elettorale e connessa comunicazione politica, senza richiedere il consenso degli interessati ex art. 6, par. 1, lett. f), del  Regolamento, nel rispetto dei presupposti, dei limiti e delle modalità eventualmente stabilite dall´ordinamento per accedere a tali fonti o per utilizzarle (per es. l’obbligo di rispettare le finalità che la legge stabilisce per determinati elenchi; l´identificazione di chi ne chiede copia, se l´accesso è consentito solo in determinati periodi; artt. 5, par. 1, lett. a) e b), 6, par. 2, lett. b), Regolamento e artt. 2-ter, comma 3, e 61, comma 1, Codice).

In particolare, possono essere utilizzati, per il perseguimento delle finalità di propaganda elettorale e connessa comunicazione politica, i dati personali estratti dagli elenchi pubblici quali ad esempio: le liste elettorali detenute presso i comuni, che “possono essere rilasciate in copia per finalità di applicazione della disciplina in materia di elettorato attivo e passivo” (art. 51 d.P.R. 20 marzo 1967, n. 223);  l’elenco provvisorio dei cittadini italiani residenti all’estero aventi diritto al voto (art. 5, comma 1, l. 459 del 27 dicembre 2001; art. 5, comma 8, d.P.R. 2 aprile 2003, n. 104);  l’elenco degli elettori italiani che votano all’estero per le elezioni del Parlamento europeo (art. 4 d.l. 24 giugno 1994, n. 408, convertito con l. 3 agosto 1994, n. 483); le liste aggiunte dei cittadini elettori di uno Stato membro dell’Unione europea residenti in Italia e che intendano ivi esercitare il diritto di voto alle elezioni comunali (artt. 1 e ss. d.lgs. 12 aprile 1996, n. 197); l’elenco provvisorio dei cittadini italiani residenti all’estero aventi diritto al voto per l’elezione del Comitato degli italiani all’estero (art. 13 l. 23 ottobre 2003, n. 286; art. 5, comma 1, l. 27 dicembre 2001, n. 459; art. 5, comma 8, d.P.R. 2 aprile 2003, n. 104; art. 11, d.P.R. 29 dicembre 2003, n. 395).

I Partiti, i movimenti e le altre formazioni a carattere politico possono utilizzare lecitamente, senza acquisire preventivamente uno specifico consenso – sulla base dell’informativa resa ai sensi dell’art. 13 del Regolamento – i dati personali relativi agli aderenti, nonché agli altri soggetti con cui intrattengono contatti regolari, per finalità di propaganda elettorale e connessa comunicazione politica, trattandosi di attività lecitamente perseguibile,  in quanto ricomprese in quelle di carattere politico previste in termini generali nell’atto costitutivo o nello statuto, ovvero strettamente funzionali al perseguimento di tali scopi (v. art. 9, par. 2, lett. d), Regolamento).

Tra i dati, invece, che rientrano tra quelli non utilizzabili vanno annoverate le fonti documentali detenute dai soggetti pubblici in ragione a specifica disciplina di settore. Ciò, per esempio, in relazione all’anagrafe della popolazione residente (artt. 33 e 34 d.P.R. 30 maggio 1989, n. 223; art. 62 D.lg. 7 marzo 2005, n. 82). In base alla disciplina di settore, gli elenchi degli iscritti all’anagrafe possono essere rilasciati solo “alle amministrazioni pubbliche che ne facciano motivata richiesta, per esclusivo uso di pubblica utilità […] in conformità alle misure di sicurezza, agli standard di comunicazione e alle regole tecniche previsti dal decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 10 novembre 2014, n. 194, e dall’articolo 58 del decreto legislativo 7 marzo 2005, n. 82” (art. 34 d.P.R. n. 223/1989).  Parimenti dicasi per gli archivi dello stato civile (art. 450 c.c.; d.P.R. 3 novembre 2000, n. 396); per gli schedari dei cittadini residenti nella circoscrizione presso ogni ufficio consolare (art. 8 d.lgs. 3 febbraio 2011, n. 71); per  le liste elettorali di sezione già utilizzate nei seggi, sulle quali sono annotati dati relativi ai non votanti e che sono utilizzabili solo per controllare la regolarità delle operazioni elettorali (art. 62 d.P.R. 16 maggio 1960, n. 570); per i dati annotati nei seggi da scrutatori e rappresentanti di lista per lo svolgimento delle operazioni elettorali. Tutti questi dati infatti devono essere trattati con la massima riservatezza nel rispetto del principio costituzionale della libertà e della segretezza del voto, avuto anche riguardo alla circostanza che la partecipazione o meno ai referendum o ai ballottaggi può evidenziare di per sé anche un eventuale orientamento politico dell’elettore.

Alla stessa fattispecie in esame – dalla non utilizzabilità – sono soggetti anche i dati raccolti dai soggetti pubblici nello svolgimento delle proprie attività istituzionali o, in generale, per la prestazione di servizi. Parimenti non vi rientrano gli elenchi di iscritti ad albi e collegi professionali (art. 61, comma 2, del Codice); agli indirizzi di posta elettronica tratti dall’indice nazionale dei domicili digitali delle imprese e dei professionisti e dall’Indice nazionale dei domicili digitali delle persone fisiche e degli altri enti di diritto privato, non tenuti all’iscrizione in albi professionali o nel registro delle imprese (art. 6-bis e 6-quater nel d. lg. 7 marzo 2005, n.82).

E non sono neanche riutilizzabili i dati resi pubblici alla luce della disciplina in materia di trasparenza o pubblicità dell’azione amministrativa da parte delle pubbliche amministrazioni (d. lg. 14 marzo 2013, n. 33; l. 18 giugno 2009, n. 69), nonché da altre norme di settore. Si pensi, ad esempio, agli atti contenenti dati personali pubblicati all’albo pretorio on line, alla pubblicità degli esiti concorsuali, agli atti di attribuzione a persone fisiche di vantaggi economici comunque denominati, agli organigrammi degli uffici pubblici recanti anche recapiti telefonici e indirizzi di posta elettronica dei dipendenti, alle informazioni riferite agli addetti ad una funzione pubblica. Ciò in quanto la circostanza che dati personali siano resi conoscibili on line sui siti istituzionali per le predette finalità non consente che gli stessi siano liberamente riutilizzabili da chiunque e per qualsiasi scopo, ivi compreso, quindi, il perseguimento di finalità di propaganda elettorale e connessa comunicazione politica.

Specifiche disposizioni di legge, invece, prevedono che i titolari di alcune cariche elettive e di altre funzioni pubbliche possono richiedere agli uffici di riferimento notizie utili all’esercizio del mandato e alla loro partecipazione alla vita politico-amministrativa dell’ente. Ad esempio, i consiglieri comunali e provinciali hanno diritto di ottenere dagli uffici, rispettivamente, del comune e della provincia, nonché dalle loro aziende ed enti dipendenti, tutte le notizie e le informazioni in loro possesso, utili all’espletamento del proprio mandato (art. 43, comma 2, d. lg. 18 agosto 2000, n. 267). Specifiche disposizioni prevedono, altresì, l’esercizio di tale diritto da parte di consiglieri regionali. Il predetto diritto di accesso alle informazioni è direttamente funzionale alla cura di un interesse pubblico connesso all’esercizio del mandato elettivo. Questa finalità esclusiva costituisce, al tempo stesso, però, sia il presupposto che legittima il loro accesso ai dati ma anche limitazione in quanto l’accesso è consentito solo per la specifica finalità. Fuori dai casi, che devono essere ricollegati strettamente al mandato elettivo, non è lecito, quindi, per i Consiglieri Comunali, Provinciali e Regionali, richiedere agli uffici dell’amministrazione di riferimento la comunicazione di intere basi di dati oppure la formazione di appositi elenchi “dedicati” da utilizzare, magari per il fine recondito dell’attività di comunicazione politica.

Non è, infine, parimenti consentito, da parte di soggetti titolari di cariche pubbliche non elettive e, più in generale, di incarichi pubblici, l’utilizzo, per finalità di propaganda elettorale e connessa comunicazione politica, dei dati acquisiti nell’ambito dello svolgimento dei propri compiti istituzionali.

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