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Il responsabile per la transizione digitale: ruolo chiave per l’innovazione nella PA

Si parla sempre più di transizione digitale e dei suoi protagonisti. Artefici del passaggio, soprattutto per quanto riguarda la Pubblica amministrazione, all’utilizzo pieno e consapevole delle nuove tecnologie e che dimostrano per quale motivo il loro avvento richiede il coinvolgimento e il contributo dell’intera macchina pubblica.
Figure talvolta poco conosciute, come quella del responsabile per la transizione al digitale (RTD), prevista dal Codice dell’Amministrazione Digitale (CAD) adottato con d.lgs. n. 82 del 2005, modificato con i decreti legislativi n. 179 del 2016 e n. 217 del 2017 (la riforma Madia), il quale prevede all’art. 17 che le pubbliche amministrazioni garantiscano l’attuazione delle linee strategiche per la riorganizzazione e la digitalizzazione dell’amministrazione definite dal governo.

Un provvedimento che attribuisce compiti precisi al responsabile, cui ha fatto seguito la circolare n. 3 del 2018 dell’attuale ministro per la PA, Giulia Bongiorno, con la quale sono state sollecitate tutte le amministrazioni pubbliche a individuare al loro interno un RTD. La titolare del dicastero è infatti da sempre sensibile all’argomento e ancora una volta si è dimostrata efficiente e puntuale.
Le funzioni di questo ufficio riguardano soprattutto il coordinamento strategico dello sviluppo dei sistemi informativi, di telecomunicazione e fonia e dei servizi, sia interni che esterni; la pianificazione e il monitoraggio della sicurezza informatica per quanto riguarda i dati e le infrastrutture; l’accesso dei soggetti disabili agli strumenti informatici e la sua promozione; l’analisi periodica della coerenza tra l’organizzazione dell’amministrazione e l’utilizzo delle tecnologie allo scopo di migliorare la soddisfazione dell’utenza, la qualità dei servizi e di ridurre i tempi e i costi dell’intervento amministrativo; la progettazione e il coordinamento di iniziative per favorire sempre più servizi in rete ai cittadini e alle imprese.

Tutti compiti che richiedono, da parte del responsabile, il quale dovrà rispondere direttamente all’organo di vertice, professionalità e competenze tecnologiche.
Quale cambiamento dunque potrà avvenire? Se da un lato il legislatore, mediante alcuni aggiornamenti normativi, ha responsabilizzato un unico profilo dirigenziale nell’ambito di ciascuna PA al fine di raggiungere una completa digitalizzazione delle attività e la graduale eliminazione del cartaceo, da un altro molti uffici pubblici non hanno ancora attribuito a tale figura la dovuta rilevanza, non assicurando un aumento della dotazione organica e spesso costringendo all’isolamento il dirigente incaricato proprio nel momento in cui il suo ruolo comincia a diventare fondamentale anche per affrontare le problematiche legate alla protezione dei dati personali e della privacy sorte a seguito dell’approvazione del regolamento europeo n. 679 del 2016, noto con la sigla GDPR.

L’Associazione Italian Digital Revolutazion (AIDR), proprio per venire incontro a queste esigenze e per cercare di fornire un valido contributo, sta cercando, proprio in questo periodo, di sensibilizzare sul tema parte delle pubbliche amministrazioni attraverso incontri e dibattiti, affinché venga valorizzato il ruolo del RTD come perno fondamentale all’innovazione tecnologica. In particolare, AIDR è impegnata nello sviluppo di iniziative rivolte all’affiancamento degli operatori interessati, attraverso anche alta formazione specifica, per contribuire all’accompagnamento di questa nuova e determinante funzione, decisamente strategica per la galassia pubblica.
C’è da considerare, che la norma che istituisce il responsabile della transizione digitale, è una norma attuata solo parzialmente, che di fatto doveva anche alleggerire l’Agenzia per l’Italia Digitale da un compito impegnativo.
A tutto ciò si aggiunge il coinvolgimento di alcune amministrazioni in altri processi di digitalizzazione previsti dall’Agenda digitale europea e che riguardano settori quali la sanità, la giustizia, la scuola dove sono previste, anche qui, figure di operatori specializzati come ad esempio gli animatori digitali.

Cosa fare? Anzitutto necessita mettere a punto nuove logiche di razionalizzazione e di coordinamento che possano agevolare il lavoro dell’RTD affinché un processo di vitale importanza come quello della digitalizzazione della PA possa crescere e non fermarsi di fronte alle difficoltà e alle resistenze. Il rischio infatti è quello di perdere di vista i progetti comuni di trasformazione in atto nella società.

di Arturo Siniscalchi
Direttore amministrazione, finanza e controllo di Formez PA e vicepresidente dell’associazione Italian Digital Revolution

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Sull’addio alle ricette cartacee, parla al Secolo.it Andrea Bisciglia cardiologo e responsabile dell’Osservatorio Sanità Digitale della Fondazione Aidr. “Ci opporremo fermamente a qualsiasi tentativo di polemizzare strumentalmente su queste iniziative – spiega – perché crediamo che il cambiamento sia indispensabile per costruire una sanità più efficiente e inclusiva. Il nostro impegno è rivolto a difendere chi lavora per una Nazione migliore”. Dottor Bisciglia, il Governo italiano ha annunciato che dal 2025 sarà attuato l’articolo 54 della Legge di Bilancio, portando a termine il processo di dematerializzazione delle ricette mediche. Qual è il significato di questo cambiamento per il rapporto tra cittadini e Servizio Sanitario Nazionale? Questo cambiamento rappresenta una vera e propria rivoluzione nel modo in cui i cittadini accedono ai farmaci e ai servizi sanitari. La dematerializzazione delle ricette mediche semplifica radicalmente la vita dei pazienti, eliminando la necessità di recarsi fisicamente negli studi medici per ottenere la prescrizione cartacea. A partire dal 2025, i medici potranno inviare le ricette in formato digitale tramite e-mail, WhatsApp o altre modalità elettroniche, rendendo il processo molto più rapido ed efficiente. Si tratta di un passo fondamentale verso una sanità più moderna e accessibile.
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