La metamorfosi della giustizia italiana verso il digitale nell’era pandemica
di Kristalia Rachele Papaevangeliu, senatrice, avvocato e responsabile osservatorio giustizia digitale AIDR
Il coronavirus ha cambiato profondamente l’approccio dei magistrati e degli avvocati al metodo telematico ed ha consentito la partecipazione a distanza alle udienze con effetti anche benefici sul lavoro dei professionisti, dei giudici, delle parti. Lo spirito di adattamento degli italiani è innegabilmente venuto fuori in questa epocale pandemia che ha inizialmente bloccato la macchina della giustizia, già gravata da una empasse sullo storico ritardo della riforma del processo e dall’annoso dibattito sulla prescrizione.
Abbandonate le riluttanze sulla adozione di soluzioni cd. smart per consentire il funzionamento della macchina della giustizia, nella seduta del 26 marzo 2020, come noto, il Consiglio Superiore della Magistratura ha emanato una delibera che cerca di chiarire ogni aspetto e detta concrete linee guida agli operatori del settore, riordinando la normativa emanata dal Governo nelle ultime settimane, con particolare riguardo all’art. 83 del D.L. n. 18 del 17.03.2020. Nella delibera è riportata, nell’Allegato 1, anche una “Proposta di Protocollo per le udienze civili tramite collegamento da remoto”. Secondo quanto stabilito la partecipazione alla Stanza Virtuale, ambiente dedicato ad ogni singolo magistrato all’interno del programma “Teams”ed identificato mediante un link di accesso univoco, personale e identificativo del singolo magistrato, dunque la Stanza Virtuale identificherebbe l’aula di udienza di un determinato giudice, che interagirà con il “team”, insieme di soggetti chiamati a partecipare ad una udienza specifica, identificata dal ruolo generale, ora, data e luogo virtuale.
Da un’analisi più attenta si pone, però, il problema dei soggetti terzi per il processo penale, così come dei testimoni per il processo civile, ed è evidente che la trattazione del processo ad oggi pressoché orale, da remoto viene relegata in molti passaggi alla forma scritta, trovando anche delle aspre critiche da parte degli addetti ai lavori.
Ma ciò comunque non ha impedito nel corso degli ultimi anni, di digitalizzare e informatizzare attraverso il processo telematico pressoché tutti i procedimenti civili ed amministrativi ed anche tributari, ad esclusione del Giudice di Pace e della Suprema Corte di Cassazione. Questo ritardo tecnologico nella organizzazione unitaria della giustizia ha costretto a soluzioni improvvisate, con rischio di sacrificare le regole processuali e la privacy delle parti coinvolte.
In buona sostanza, l’evento pandemico ha sollecitato e stimolato accelerando il processo telematico già ben avviato nel civile cercando consentendo così di rimuovere ogni sovrastruttura idonea solo ad appesantirlo, quelle patine dal sapore antico che ancora persistono e non fanno altro che appesantirlo. Il tutto, ovviamente, cercando sempre di far primeggiare i diritti fondanti del nostro ordinamento improntati alla giustizia equità e rispetto del diritto, ed infatti bisogna che ci sia una vera organizzazione sul tema digitale e che l’improvvisazione iniziale dovuta al momento pandemico non crei delle falle giuridiche.
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