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Lavoratori, professionisti, imprenditori: diritti d’autore e loro cessione. E a scuola come vengono gestiti?

di Fulvio Oscar Benussi, pubblicista e socio AIDR

In questo articolo parleremo di: diritti d’autore, onestà intellettuale, cessione gratuita oppure onerosa dei diritti d’autore, importanza di sapere dare un valore alle cose e consapevolezza professionale. Lo faremo analizzando prima le posizioni emerse nel mondo del lavoro e ci concentreremo poi su quanto accade nel mondo della scuola.

Gli esiti di un sondaggio su Linkedin proposto a lavoratori, imprenditori e professionisti sulla loro disponibilità o indisponibilità a cedere gratuitamente il proprio diritto d’autore, su documenti professionali da loro creati al di fuori di ogni tipo di rapporto di lavoro/consulenza/collaborazione con il destinatario della cessione, sarà il punto di partenza della nostra riflessione[1]. Ciò per potere effettuare un confronto, partendo da un dato di realtà[2], tra le diverse posizioni che le persone assumono quando ricevono una richiesta di cedere ad altri i propri diritti d’autore.

 

Figura 1

Il post è stato è stato letto da più di 14.000 persone e abbiamo ottenuto 76 risposte e riaggregandole abbiamo ottenuto la distribuzione indicata nell’infografica di figura 1. Come risulta dal grafico la maggioranza degli intervistati ritiene sia una buona scelta quella di cedere gratuitamente i propri diritti d’autore a patto sia garantita loro l’attribuzione di paternità dell’opera.

L’infografica di figura 2 rappresenta l’insieme delle risposte ottenute e relative alle condizioni in base alle quali i diversi soggetti assumevano le loro decisioni in merito alle modalità di cessione dei propri diritti d’autore. Le singole risposte sono state aggregate in 16 item anche se ciò in alcuni casi ha significato una riduzione del ventaglio di argomenti e motivazioni presenti nei commenti al post. Alcune risposte erano più articolate, alcune contenevano pareri anche diversi motivati o dal contesto in cui le si situava o dal momento (anno) a cui riferirle o dalle condizioni/ tipologia dei datori/committenti. Per questo il grafico riproduce il fenomeno “piegandolo” sulla base delle nostre scelte nel considerare, in alcuni casi (anche se pochi), alcune argomentazioni anziché altre.

Nota: nel valutare il numero di commenti abbiamo seguito il criterio: di attribuire il valore 1 per ogni commento (risposta) al post cui, eventualmente, aggiungere il valore ½ ad ogni “consiglia” aggiunto ai commenti.

Figura 2

Di seguito riportiamo a titolo di esempio delle varie categorie sopra elencate alcune risposte di chi ha voluto dare il suo contributo alla riflessione. Segnaliamo innanzitutto la risposta che vorrebbe che la cessione gratuita dei diritti d’autore diventasse addirittura una regola deontologica da rispettare.

Di segno opposto le risposte provenienti da chi risiede in Inghilterra o vi ha abitato a lungo e che dichiara di non volere nemmeno prendere in considerazione l’ipotesi di una cessione gratuita del proprio diritto d’autore.

<<Da professionista rispondo: “ovviamente gratis” è un concetto inesistente nel mio vocabolario, soprattutto quello inglese. […] La risposta, quindi, è no. Un’altra cosa sarebbe se mi invitassero a spiegarli quei documenti professionali e anche in questo caso non gratuitamente, come si fa spesso in Italia.>>[3]

C’è anche chi non vuole cedere documenti di propria ideazione per timori relativi all’utilizzo del proprio contributo: <<[…] stante l’attuale situazione della PA – non meritocratica e assolutamente improntata al “mors tua vita mea” – in cui nella migliore delle ipotesi “qualcuno” cancellerebbe il mio nome e riutilizzerebbe il mio elaborato per personali usi o vantaggi […]>>.

Sull’onestà intellettuale

Questo intervento apre alla riflessione sull’eticità dei comportamenti e sulla disonestà intellettuale di chi si appropria, senza citare la fonte, del lavoro altrui. Crediamo che, in parte, la perdita del valore attribuito ai diritti d’autore derivi anche dalla facilità con cui in Rete ci si può appropriare degli elaborati altrui con un semplice “copia incolla”. Il problema è anche più significativo con gli adolescenti e i bambini che vanno abituati a citare sempre la fonte dei materiali che, a volte, integrano nei loro elaborati facendo capire loro che l’onestà intellettuale di citare precisamente l’autore di quanto si propone non sminuisce il valore della propria opera bensì la qualifica come fondata anche su argomentazioni di altri (esperti). Per questo auspichiamo che si diffonda sempre di più tra i docenti la prassi educativa di insegnare agli studenti ad inserire correttamente le citazioni nelle note a piè di pagina.

Cessione dei diritti d’autore a scuola

Quindi cedere i propri diritti d’autore a titolo gratuito va bene? Ai docenti delle scuole il Ministero ogni tanto lo chiede.  Più volte durante 40 anni di servizio a scuola ci è capitato di assistere a richieste del genere. Di recente il MIUR ha avviato l’acquisizione, senza alcun compenso per l’autore, dei materiali didattici pronti per svolgere lezioni di didattica a distanza. L’obiettivo è quello di mettere a disposizione dei docenti italiani tali materiali. Sulla positività di quanto intrapreso non ci soffermiamo: è evidente che la scuola trarrebbe un evidente vantaggio dall’operazione. Vorremmo invece concentrare l’attenzione sull’impatto che richieste di cessione a titolo gratuito di materiali didattici prodotti in autonomia e fuori dall’orario di servizio può avere sulla consapevolezza professionale degli insegnanti e se questa riduzione, o perdita, di consapevolezza non possa danneggiare l’autostima dei docenti e di conseguenza la capacità della scuola di essere credibile. Il riconoscimento della paternità dell’opera, cioè i diritti morali, vengono garantiti (ci mancherebbe altro), ma chiedere la cessione dei diritti d’autore a titolo gratuito, nella situazione attuale, ci sembra un errore per più motivi. Innanzitutto perché così non si premia il merito creativo e di realizzazione di materiali educativi innovativi e di qualità prodotti dai docenti. In secondo luogo perché così si rischia di ridurre il livello di consapevolezza degli insegnanti relativamente al valore anche economico della propria attività. La valorizzazione economica spesso è ignota o volutamente non considerata da molti. La consapevolezza del valore economico del proprio lavoro è una componente importante della professionalità e ignorarlo nega la possibilità di nutrire la propria autostima mediante un confronto con l’esterno e relegando ogni valutazione alla mera autoreferenzialità.

Quello che meglio si insegna a scuola è “chi si è”: come si può insegnare imprenditorialità se non si è in grado di valutare economicamente il proprio lavoro?

<<La conoscenza ha valore, ma occorre farne capire il valore perché sia comprata>> Da questa riflessione inserita a commento nel post traiamo la conseguenza che: “sia necessario capire il valore economico di ciò che si fa per acquisire consapevolezza di sé e per percepirsi, ed essere percepiti, come professionisti”. La cessione operata invece a livello della scuola dove il docente insegna pensiamo vada effettuata gratuitamente come contributo di collaborazione con i colleghi per il bene complessivo della scuola. <<Rispetto alla condivisione di idee e materiali con i colleghi, credo che sia sempre utile. […] Mi parrebbe più interessante invece fare circolare un documento, rispetto al quale si chiede ai colleghi di integrare, modificare o aggiungere. In ogni caso io risponderei di sì se il mio datore di lavoro me lo chiedesse, perché lo leggerei come un riconoscimento del mio lavoro!>>

Una possibile proposta formativa

Per aumentare la consapevolezza dei docenti in quest’area potrebbe essere utile proporre nei corsi di formazione un’attività ad hoc sul tema.  Ad esempio potrebbe essere proposta un’esercitazione di Q-Sort[4] per fare emergere nella fase di debriefing dell’attività: le motivazioni relativamente al valore del “senso di appartenenza” rispetto a un approccio individualistico, oppure il legame tra professionalità e capacità di attribuire un valore a un proprio prodotto intellettuale, ecc. Riteniamo che con la diffusione dello smart working sorga, anche in contesti diversi dalla scuola, la necessità di proporre interventi formativi, per sviluppare il “senso di appartenenza” e la condivisione dei propri apporti a favore del successo della mission dell’Organizzazione di appartenenza.

Distinzione tra tempo di servizio e tempo libero per i docenti

Può essere utile ora riflettere sulle domande proposte, nel commento al post, relativamente al concetto di tempo libero a scuola:
<<Cosa si intende per tempo libero? L’immenso equivoco a scuola è sulle 18 ore (e qui considero solo docenti a 18 ore con altre professionalità). In nord Europa, per esempio, le ore del docente in classe e fuori dalla classe si fanno weberianamente a scuola. In Italia si deve dire chiaramente quale sia l’obbligo temporale di lavoro del docente e quale “la contropartita di contratto” da fornire alla scuola, quale sia il materiale di proprietà della scuola e quale del docente.[…]>> Innanzitutto va segnalato che l’aleatorietà della distinzione tra tempo di lavoro e tempo libero è destinata ad aumentare e non certo a ridursi ai tempi della didattica a distanza e successivamente della didattica blended. Ritengo perciò che a riguardo una precisazione contrattuale non guasterebbe.

Ragionando invece, a situazione normativa e contrattuale vigente, proponiamo le seguenti riflessioni che distinguono tra attività da inquadrare come lavorative e attività libere e svolte in autonomia sulla base di una valutazione di tipo qualitativo. Nel testo unico della scuola[5] la parola programmazione riferita alle attività educative è presente 26 volte. Anche nei “piani di lavoro” che i docenti redigono all’inizio di ogni anno scolastico viene chiesto di indicare il programma, inteso come contenuti, che si tratteranno durante l’anno. E’ perciò prassi consolidata che le diverse discipline vengano proposte a scuola come sequenza di contenuti usualmente tratti dal libro di testo in adozione e a cui si rimanda per lo studio pomeridiano. Alcuni docenti invece progettano, facendo riferimento a fonti varie, spesso contestualizzate alla realtà quotidiana, le proprie “proposte didattiche”.

Tali proposte didattiche che possono ad esempio consistere in una consegna per il lavoro di gruppo degli studenti che preveda che i gruppi espongano successivamente alla classe quanto da loro prodotto. La proposta didattica dopo essere stata sperimentata in classe viene valutata, a volte, validata oppure nel caso siano emersi dei problemi nell’attuazione in classe viene effettuata una sorta di diagnosi di punti di debolezza in vista di una ristrutturazione della proposta stessa. Ebbene riteniamo che nelle situazioni in cui il docente si scosta dalla semplice programmazione didattica producendo delle proposte didattiche validate nelle classi si possa considerare di essere nell’ambito di un’attività libera e svolta in autonomia e pertanto comporti l’attribuzione dei relativi diritti d’autore in capo al docente.

NOTE

[1] Nel post su Linkedin proponevamo le seguenti domande:

Domanda per i lavoratori: cosa rispondereste al vostro datore di lavoro se vi chiedesse di fornire documenti professionali da voi elaborati nel vostro tempo libero per metterli a disposizione di altri dipendenti nella intranet aziendale, ovviamente gratis, ma con il vostro nome?
Domanda per i professionisti: cosa rispondereste a un vostro committente se vi chiedesse di fornire documenti professionali da voi elaborati per metterli a disposizione nel sito web aziendale, ovviamente gratis, ma con il vostro nome?
Domanda per gli imprenditori: cosa rispondereste a un imprenditore che conoscete se vi chiedesse di fornire documenti professionali da voi elaborati per metterli a sua disposizione, ovviamente gratis, ma con il vostro nome?
https://www.linkedin.com/posts/fulvio-oscar-benussi-11a4bb127_grazie-a-chi-risponder%C3%A0-sembra-una-domanda-activity-6658406269780545536–6_y

[2] Il dato ottenuto con il sondaggio effettuato su Linkedin non ha ovviamente alcun valore statistico, infatti: le risposte provengono da un campione di persone, esclusivamente quelle con un account su Linkedin, che hanno avuto occasione di leggere il post e hanno poi deciso, in completa libertà, di rispondere alla richiesta. Per questo assumiamo le evidenze ottenute esclusivamente come prima suggestione per la nostra riflessione sul tema.

[3] Nel seguito le citazioni liberamente tratte da risposte al Post verranno inserite tra <<…>>

[4] Alcuni dei commenti presenti nelle risposte al post potrebbero essere inserite nel Q-Sort che, a nostro avviso, andrebbe completato con affermazioni pensate ad hoc per il mondo della scuola.

[5] Decreto Legislativo 16 aprile 1994, n. 297 “Testo Unico delle disposizioni legislative in materia di istruzione”.

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