Le competenze digitali dei professionisti sanitari nell’epoca del Coronavirus
di Giancarlo De Leo, Consulente in Editoria medico-scientifica e Sanità digitale
Socio e segretario dell’Osservatorio Sanità Digitale dell’Associazione Italiana Digital Revolution (AIDR)
Nell’attuale contesto economico mondiale, la pandemia causata dal coronavirus e il conseguente lockdown ha creato enormi problemi a molti settori, in particolare l’industria, il commercio e il turismo.
In Italia, le tecnologie dell’informazione e comunicazione sono assurte ad un ruolo pervasivo e strategico, in grado di modificare profondamente le attività economiche delle imprese e il comportamento dei cittadini nei confronti dell’utilizzo degli strumenti tecnologici (es. il commercio elettronico, i siti internet di informazione, le applicazioni di telefonica mobile, ecc.). E di conseguenza è assunto grande rilievo all’alfabetizzazione alle tecnologie digitali.
A tale riguardo, AICA (Associazione italiana per l’Informatica e il Calcolo Automatico), associazione senza fini di lucro, che ha come missione lo sviluppo delle conoscenze ICT in tutti i suoi aspetti: scientifici, tecnologici, applicativi, economici e sociali, in collaborazione con SDA Bocconi, ha avviato nel 2003, un progetto ad ampio respiro con l’obiettivo di valutare, il più possibile in termini quantitativi, il costo che “l’ignoranza informatica” poteva comportare per la collettività.
Nel 2004 l’indagine si è focalizzata su un’area di grande rilevanza sociale, come il settore della Sanità, avendo ben chiaro che gli obiettivi di efficienza e produttività assumono connotazioni assai particolari che lo distinguono dagli altri comparti economici.
Il “non sapere” informatico comporta il rischio di un mancato adeguamento delle specifiche professionalità a un ambiente che necessariamente diventa sempre più complesso e che comporta dei notevoli costi di improduttività, per il settore stimati attorno a circa 850 milioni di Euro l’anno; una cifra che è dello stesso ordine di grandezza della spesa informatica dell’intero comparto sanitario e rappresenta lo 0,84% della spesa sanitaria pubblica dell’intero Paese.
Le analisi condotte portarono a stimare un ritorno annuale per una formazione di base, tipo ECDL (European Computer Driving Licence), superiore ai 2 miliardi di Euro. Risultò, in particolare, come il personale medico era ed è quello che più potrebbe contribuire all’aumento di produttività dell’intero sistema. Emerse un quadro di offerta e di utilizzo dei servizi sanitari eterogeneo in cui raramente si fa rete, fortemente differenziato fra il Nord, il Centro e il Sud. Al Nord sembravano essere più diffusi piani di governance condivisi all’interno delle strutture e l’utilizzo dei servizi digitali sembrava essere più avanzato. Ciò poteva essere legato ad una maggiore consapevolezza del potenziale innovativo dell’ICT e ad una cultura dei decisori sanitari orientata a programmi di integrazione “in rete” dei sistemi locali.
Inoltre, secondo il dato che è emerso dal primo Osservatorio Nazionale sulle Competenze Digitali in Sanità promosso da AICA nel 2016, le richieste dei professionisti del settore erano condivisione e formazione, per cogliere pienamente tutte le opportunità della digitalizzazione.
Per analizzare e verificare lo “stato dell’arte”, fu condotta una ricerca, attraverso la somministrazione di un questionario online costruito ad hoc e in parte differenziato per le specifiche qualifiche professionali.
La maggioranza dei professionisti era pronta al cambiamento e la consapevolezza del valore d’impiego delle tecnologie nei processi di diagnosi e cura, non solo a livello gestionale e formativo, era acquisita e doveva confrontarsi con nuove competenze da acquisire, soprattutto tecnologiche. Per tanti medici e professionisti questo “obbligo alla digitalizzazione” era visto come un peso. Inoltre, dagli studi dell’Organizzazione Mondiale della Sanità relativi agli ultimi 5 anni, risultava che gli investimenti in formazione del personale sanitario erano stati insufficienti e che a ostacolare ulteriormente la diffusione di nuove competenze digitali era la resistenza del personale all’uso di nuovi metodi di cura che prevedono l’introduzione di tecnologie sanitarie (73% degli operatori sanitari).
Ai nostri giorni, malattie croniche sempre più diffuse e una popolazione sempre più anziana ed affetta da più patologie croniche richiedono una trasformazione che passi da una medicina basata sulla diagnosi e sui trattamenti delle malattie alla medicina delle 4P (Preventiva, Predittiva, Personalizzata, Partecipata).
La crescente diffusione di sistemi informatici e informativi nel Sistema Sanitario Nazionale (Fascicolo Sanitario Elettronico, Telemedicina, Sistemi di supporto alle decisioni cliniche, Stampa 3D, Intelligenza artificiale, Robotica, Mobile health, ecc.) richiede il superamento di ostacoli non solo strutturali ma soprattutto culturali.
Risulta pertanto necessaria una adeguata formazione e un continuo aggiornamento dei professionisti che operano nella Sanità, così come il coinvolgimento attivo dei pazienti alledecisioni cliniche che può effettuarsi solo grazie ad una adeguata e corretta informazione.
Ma oggi quali competenze digitali occorrono ad un professionista sanitario?
Quelle che rendono più rapido e semplice il suo lavoro quotidiano, lo aiutano a dedicare più tempo al paziente e meno alla burocrazia, come la capacità di usare:
1) i sistemi di refertazione vocale e i software di trascrizione, che aiutano medici e professionisti sanitari a migliorare il dialogo con il paziente, perché scrivere referti è molto più rapido e, in più, se il software è dotato di un traduttore, è più semplice comprendere, almeno in parte, anche i pazienti che parlano altre lingue, in assenza di un interprete;
2) la Cartella Clinica Elettronica e software per l’amministrazione dei pazienti, che supportano la raccolta e l’archiviazione di tutte le informazioni sul paziente, dalla diagnosi alla terapia, dai trattamenti prescritti alle medicine assunte nel tempo e a tenere sotto controllo appuntamenti, liste d’attesa e adempimenti burocratici;
3) “Patient Monitoring Systems”, sistemi di monitoraggio dei parametri vitali del paziente attraverso sensori: sono dispositivi collegati al paziente che misurano temperatura, frequenza respiratoria, pressione sanguigna e altri parametri e li inviano a un computer che li elabora in tempo reale per segnalare eventuali anomalie.
Queste competenze non fanno normalmente parte del percorso di studio accademico e quindi occorrono politiche comuni e condivise di adozione di strumenti ICT e soluzioni di Sanità Digitale che, combinate con opportuni cambiamenti organizzativi e con l’acquisizione di nuove skill, producano risparmi e aumenti di efficienza e produttività (riduzione degli errori medici, attenuazione delle cure non necessarie, diminuzione delle file d’attesa, riduzione della documentazione cartacea, ecc.) che possono incidere positivamente sui bilanci sempre più esigui delle regioni. Investire nelle tecnologie ICT nella sanità, inoltre, costituisce un notevole beneficio per l’economia e per la produttività di un paese, attraverso incentivi all’occupazione e la creazione di nuovi posti di lavoro.
Se le cure sanitarie non possono essere affidate ad assistenti digitali, il personale medico potrebbe grazie a tali strumenti rendere più rapide ed efficaci le proprie prestazioni, ottenendo anche in tempo reale, grazie all’utilizzo intelligente delle conoscenze aggiornate da basi e banche dati e di sistemi di supporto alla decisione clinica informazioni vitali per il trattamento dei pazienti sulla base delle prove scientifiche più aggiornate.
Ma se la tecnologia porterà significativi miglioramenti nel settore sanitario, anche in termini di assistenza personalizzata, le sfide da affrontare non mancano. Una di queste è quella di integrare i dati che provengono da diversi sistemi informativi sviluppando alti livelli di interoperabilità che consentirebbero di gestire i Big Data. Questo comporta però la necessità di dover far fronte a problematiche di grande rilievo, come ad esempio quelle relative alla protezione e sicurezza dei dati personali.
Tutto ciò richiede ingenti investimenti, sia in termini di tempi che di costi, per acquisire la formazione professionale necessaria ad affrontare le nuove sfide poste dalla Sanità che cambia e necessari per un sistema sanitario sostenibile che eviti gli sprechi e razionalizzi gli interventi alla luce della conoscenza ed applicazione delle migliori prove scientifiche, recuperando anche gli aspetti umanistici del rapporto con i pazienti, non più oggetti passivi di trattamenti sanitari ma soggetti attivi e protagonisti consapevoli delle proprie scelte di salute.
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