L’intelligenza artificiale nei musei? Meglio partire subito!
di Francesco Pagano, Consigliere Aidr e Responsabile servizi informatici Ales spa e Scuderie del Qurinale
La pubblicazione del libro bianco della Commissione Europea sull’Intelligenza Artificiale è destinato inevitabilmente a dare una spinta, anche nel nostro paese, all’utilizzo dei sistemi di AI (intelligenza artificiale) a tutti i livelli.
Tra questi, anche quello delle istituzioni culturali. Ma in quale prospettiva? E, soprattutto, con quali tempi?
Quando si parla di digitalizzazione e innovazione tecnologica nel settore museale, si finisce per fare riferimento sempre a un “futuro” che trasmette la (brutta) sensazione dell’intangibilità. È un vizio ormai radicato, che porta a calcare la mano e puntare al sensazionalismo più che a un approccio pragmatico.
La verità è che, in questo ambito, oggi siamo di fronte a tante opportunità che potremmo (e dovremmo) cogliere senza troppe esitazioni.
Le possibilità, infatti, vengono offerte da tecnologie già presenti nella vita quotidiana, assolutamente mature e implementabili senza troppo sforzo. In qualche caso, addirittura, il settore museale può estrarre valore da strumenti che, a livello di mercato, non hanno ottenuto i risultati attesi e sembrano ormai destinati all’oblio. È il caso, per esempio, della realtà aumentata, che solo 10 anni fa sembrava dover travolgere ogni aspetto della nostra vita (qualcuno ricorda i Google Glass?) e che, nei fatti, ha vissuto un fugace momento di gloria grazie ai Pokemon.
Spogliata dalle velleità che la volevano interpretare come una rivoluzione epocale, l’augmented reality può rappresentare un prezioso strumento per rendere più ricca e profonda l’esperienza di vista presso le istituzioni culturali, permettendo ai visitatori di utilizzare i loro stessi dispositivi mobile (tablet e smartphone) per accedere a contenuti aggiuntivi o a fruire in maniera più “agile” a quelli normalmente affidati a strumenti analogici.
Un ragionamento simile può essere applicato all’intelligenza artificiale (AI) e alle sue possibili applicazioni a livello di introduzione di nuovi servizi. Evitando, anche in questo caso, voli pindarici e scenari da fantascienza. Se il documento della Commissione Europea punta decisamente sul futuro, chi opera nel settore culturale può infatti tranquillamente cominciare a guardare al presente e a quello che si può fare concretamente fin da subito.
Allo stato, un sistema neanche troppo complesso basato sull’intelligenza artificiale può permettere, ad esempio, di utilizzare una telecamera puntata sull’ingresso di un museo per monitorare gli accessi e stimare i tempi di attesa. Un’informazione del genere, veicolata attraverso una app dedicata o il semplice sito Internet del sito museale, come minimo permetterebbe ai potenziali visitatori di pianificare la visita con qualche certezza in più.
L’utilizzo di un sistema del genere in abbinata al sistema di vendita dei biglietti online (anche qui: quanti musei permettono l’ingresso utilizzando un biglietto elettronico?) consentirebbe poi di gestire un sistema di prenotazione “dinamico”, che gli algoritmi di AI non avrebbero alcuna difficoltà a gestire in tempo reale. Il visitatore, in questo modo, potrebbe acquistare il biglietto in anticipo, evitando inutili attese.
Gli strumenti per integrare funzionalità come queste con applicazioni di terze parti, come i navigatori o le mappe, esistono da tempo e possono essere introdotti semplicemente sfruttando le API sviluppate dagli stessi produttori di software.
Questo scenario, destinato a evolvere rapidamente anche in seguito alle politiche in tema di sviluppo delle tecnologie basate sull’intelligenza artificiale, deve rappresentare l’orizzonte cui fare riferimento per qualsiasi progetto futuro, in un’ottica che guardi alla costruzione di un framework condiviso.
D’altra parte, i riferimenti in ambito UE all’esigenza di favorire l’accesso ai dati si muove esattamente in questa direzione.
Un percorso immaginabile può essere, per esempio, quello di avviare la creazione di una piattaforma comune che, se in prospettiva può favorire quel processo di recupero dei dati e della loro elaborazione attraverso algoritmi di intelligenza artificiale, può da subito rappresentare un punto di riferimento per tutte le istituzioni culturali.
Altro aspetto fondamentale è quello di cominciare a lavorare da subito per garantire che tutti questi dati, aspetto sottolineato ampiamente dalla Commissione UE nel suo documento, siano trattati ed elaborati nel pieno rispetto della privacy dei cittadini e siano adeguatamente protetti.
Un obiettivo, questo che richiede sia la messa a punto di procedure chiare, sia un’adeguata formazione di chi si trova a trattare i dati. Operazioni di lungo corso, che sarebbe bene avviare da subito, senza aspettare di trovarsi in una situazione emergenziale (succede fin troppo spesso) nel momento in cui gli obiettivi delineati a livello comunitario verranno precipitati più puntualmente attraverso normative specifiche.
Insomma: l’impulso avviato dalla Commissione Europea con il suo documento è un’occasione unica per avviare un processo che potrebbe permettere, in Italia, di recuperare il tempo perduto e lavorare sull’introduzione delle nuove tecnologie adattandosi subito a una visione di respiro europeo.
Cosa serve? In attesa che il Governo e il Ministero per i beni e le attività culturali e per il turismo abbiano tutte le informazioni in base a cui muoversi, possiamo semplicemente attivare le competenze e le risorse che abbiamo già a disposizione.
Se riusciremo a mettere a sistema le competenze che già oggi abbiamo a disposizione e a crearne di nuove, la sfida dell’intelligenza artificiale si trasformerà in una strepitosa occasione di innovazione, alla fine, la responsabilità è, prima di tutto, di chi opera nel settore…
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