Pagamenti, italiani 17 su 100 utilizzano esclusivamente digitale
I pagamenti sul digitale crescono così come il commercio elettronico, ma gli spazi sono molto grandi ancora.
Il digitale continua a mietere consensi ed è in crescita nei pagamenti, anche se le distanze con le altre nazioni rimangono elevate.
Una analisi interessante è stata appena presentata sull’uso del denaro contante e delle carte di credito e delle transazioni digitali che si i può unire al rapporto per l’E-commerce elaborato solo poco tempo fa per avere una visione più completa.
Il rapporto è stato presentato il 20 novembre dall’Abi (Associazione Bancaria Italiana) in occasione di una conferenza e seminario a Ravenna e mostrano come i pagamenti digitali sono in costante crescita come l’e-commerce dall’altra parte, ma come quest’ultimo c’è ancora molto spazio e c’è una forte distanza con quasi tutte le altre nazioni in primis le nordiche, ma molto anche Francia, Gran Bretagna.
Dal 2012 al 2016 la percentuale di chi ricorre all’internet banking è salita dal 42 al 54%, mentre il mobile banking è lievitato dal 6 al 24%. Ci sono 17 italiani su 100 che ormai utilizzano solo web, carte di credito e bancomat, mentre 48 su 100 interagiscono con la banca in modo tradizionale e digitale. Resistono invece all’innovazione 35 italiani su 100.
Quanto agli assegni, dal 2005 al 2016 il loro uso è crollato da 447.397 (19,5%) a 186.183 (3,2%), mentre i bonifici sono aumentati da 1.189.228 a 2.485.886. La quota dei bonifici sul totale dei mezzi di pagamento si è ridotta dal 51,9% al 43,3% mentre le operazioni con carte di credito hanno avuto un’impennata con un +368,4% passando da 656.254 a 3.074.119. Nel complesso – dice l’ABI – si registra una crescita della moneta elettronica a fronte di una contrazione di assegni e contante. Tra gli effetti del cambiamento c’è stata la riduzione degli sportelli bancari: nel 2012 ce n’erano 32.881 mentre quest’anno sono 27.946.
I margini di crescita come detto sono ancora molti e se si riuscisse ad aumentare ancora e arrivare quasi tutto al digitale, si potrebbero risparmiare 10 miliardi di gestione del contante e relativi e secondo altri studi ad un crollo verticale dell’evasione fiscale. Occorrerebbe, però, inoltre un cambio di mentalità, premiare sia i negozianti e le imprese facendo pagare meno tasse quando si usa il bancomat e dare delle forme di meccanismo di risparmi ai consumatori che usano le carte di credito.
Se l’e-commerce, ovvero il commercio che si fa utilizzando apposite piattaforme online, può essere considerato uno degli indicatori della modernità, l’Italia sotto questo punto di vista si colloca in una posizione di ambiguità. Vero è che l’e-commerce è in costante crescita in Italia. Una crescita continua e costante che, trainata un po’ a sorpresa dal comparto moda ha raggiunto un volume di affari che si aggira intorno ai 24 miliardi di euro. Una cifra sbalorditiva che però, se paragonata a quello che succede in altri paesi, mostra anche come il Belpaese non abbia ancora ingranato il turbo e deve ancora inseguire i principali competitors.
Nel 2016 infatti l’Italia si è classificata ultima rispetto agli altri partner europei, dietro finanche alla Grecia con una percentuale che si aggirava intorno al 3 per cento di prodotti acquistati online attraverso l’e-commerce. Quindi parlare di boom forse appare eccessivo. Ma questo significa, ed è il risvolto della medaglia, che c’è ancora molto spazio da riempire sotto questo punto di vista e non passerà molto tempo prima che l’Italia riesca a tenere il passo. D’altra parte il dato interessante è anche quello che per la prima volta in questo campo i prodotti crescono in maniera più marcata rispetto ai servizi in Italia.
L’aspetto più immediato è quello della comodità. Qualche anno fa sarebbe stato davvero difficile da immaginare che per acquistare qualsiasi cosa, sarebbe bastato un computer, un collegamento internet e un po’ di dimestichezza con queste due diavolerie della modernità. Invece quello che appariva un solo miraggio è diventato realtà e la parolina magica utilizzata per riassumere tuto questo è: e-commerce. Un’abitudine che l’Italia ha praticato con le molle rispetto agli altri partner europei che hanno subito preso confidenza con il nuovo modo di fare shopping senza alzarsi dal proprio comodo divano, senza fare file chilometriche nei negozi e potendo ritagliarsi la spesa su misura.
Il 2017 è stato l’anno dell’incremento più significativo in Italia con un dieci per cento in più di acquisti online rispetto al 2016 anno in cui il Belpaese si è classificato ultimo nella speciale classifica dei web shopper. Un giro di affari che quest’anno raggiungerà i 24 miliardi di euro in Italia. Una vagonata di soldi, è vero, ma ancora poco rispetto ad altri paesi che sfornano cifre ancora più alte. Un po’ a sorpresa, ma poi nemmeno tanto visto che questo settore ha assunto anche la guida nelle esportazioni del marchio Italia attraverso i portali italiani verso quelli stranieri, si scopre che a trainare questa irrefrenabile voglia di shopping online sia stato il comparto moda e abbigliamento.
Ma se la percentuale di shopping online è ancora piuttosto bassa rispetto a quella che si registra in altri paesi europei, c’è da dire che il balzo in avanti registrato in questi ultimi tempi dimostra inequivocabilmente una cosa: c’è ancora uno spazio molto grande di crescita per l’e-commerce in Italia. Questo è chiaro e dovrebbe allettare le grandi piattaforme online, come Amazon, che sicuramente un pensierino speciale per l’Italia lo starà certamente facendo.
E per l’Italia entrare in maniera convinta nel commercio online è anche una questione di sopravvivenza tra le potenze economiche mondiali. Quindi una modifica al tradizionale modo di mettere in commercio i prodotti e puntare al commercio online rappresenta la frontiera del futuro alla quale bisogna tendere per potere attingere dall’amplissima platea di potenziali acquirenti che rappresentano una miniera d’oro e la possibilità di restare competitivi sui mercati mondiali.
Fonte: http://www.businessonline.it/ del 20/11/2017
MAURO COVINO, Dipendente Formez , Studioso e Docente di Comunicazione presso le Università di Roma “La Sapienza”, Luiss “Guido Carli” , Lumsa e Bari. Socio Professionista Qualificato Associato a Ferpi (Federazione Relazioni Pubbliche Italiana ). Responsabile dell’Osservatorio sull’Andamento del Digitale Italiano dell’AIDR
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